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Nelle Località note, la “fuga” dalla città come orizzonte praticabile
«Un romanzo su un “balzo” fuori dal contesto urbano»
Danilo Rocca parla del suo prossimo libro, il romanzo che esce per la casa editrice Ad Est dell’Equatore nei primi mesi del 2018.

«Una ricerca di spazio fuori dalla città lungo le vie d’acqua. Io ho trascorso i primi anni della mia vita in Liguria, nel Tigullio, sono arrivato a Milano con la mia famiglia, madre, fratelli solo ai dieci anni. E non mi sono mai ambientato, non mi sono ambientato alla città, al contesto urbano e abitativo. La vita andava, Milano è l’unica metropoli europea italiana, ci vivi bene in mezzo agli altri. Le persone stanno tutte sotto lo stesso cielo, non ci sono classi, distinzioni, c’è una umanità appassionante e che vive come una comunità orizzontale. Ma abitarci meno. Mi mancava l’aria, ero in perenne astinenza da colori. Ho cominciato a fare rotta verso le montagne che sono lì ad un passo, la zona lecchese: da ragazzino la domenica prendevo il treno, anche da solo e andavo a gironzolare tra i boschi e i sassi della Grigna, Prealpi, o al Lago di Como. Guardavo i colori del cielo, il verde, mi bastava. In Liguria ci tornavo sempre, anche per lunghi periodi, avevamo case, ma il lavoro era in città ed era la città a dettare ritmi e opportunità di evasione.

Il Lago era più vicino.
«Sì, più vicino, adatto a puntate veloci, “fughe” dalla città, anche nei pomeriggi estivi, quando finivi di lavorare ancora ad ore “umane” e ti caricavi in macchina con un po’ di amici, andavi per rocce, chiudevi di notte in qualche trattoria per tasche povere. Il verde vicino è appagante perché consumi tutta la voglia che hai di stacco, diversione in una sola “mano”, in un solo giro, verde che è meno bello del mare, o della Toscana ma ha il fascino delle scorciatoie, ci vai veloce.
Casa e lavoro però restavano a Milano

«Sì, ho avuto tante case milanesi e quasi tutte al limitare estremo della città. Diciamo, dove finiscono proprio visivamente le ultime case, gli insediamenti urbani e iniziano i prati, la campagna. Ero in affitto, cambiavo, le cerchi con un po’ di sfogo, terrazzi, giardini a francobollo e se vai un po’ fuori spendi di meno: la mansarda con le finestre davanti al parco nord ovest, la casa in Brianza, bellissima, poi la casa sui Navigli.

Ne parli nel libro.
«Da vedere: ci sono tornato di recente per fare le foto, le immagini da inserire nel libro. Inabitabile, due finestre, una che dava su un cortile polveroso in cui parcheggiavano, andavano e venivano una trentina di auto, Milano è operosa, l’altra piazzata sul lato opposto, davanti al Naviglio grande, a piano terra, su una arteria che è di accesso alla città. Il traffico di mezzi a motore era impensabile, le ruote giravano a due metri dai miei spazi domestici. Ma aveva un giardino, l’edificio era stato un ex convento, muri in giallo Milano, c’era una corte interna e oltre la corte interna c’era il giardino. È quel verde nascosto che trovi nel capoluogo lombardo sia in centro sia nelle periferie. Eri davanti al fiume, questo nastro di acqua che sembra sterilizzata, quasi distillata attraverso processi involontari dai gas e dalle emissioni, acqua metropolitana. Lì, ho vissuto anni, si fa casa in posti impensabili, questo era persino lirico, piani bassi, quasi in strada, la vita ha tanti modi di irretirti, poi un giorno sono partito, non sono tornato più…».

Due Note
AUTORE
Da quando ha lasciato Milano esercita la sua attività professionale meno come editor e più come giornalista. Con collaborazioni con Il Giorno, Secolo XIX, La Provincia, con testate online, network editoriali. Sposato con Lorenza, padre di Luca, appassionato di tematiche ambientali, si occupa in questi anni recenti come giornalista di ambiente,di economia agraria e rurale, cambiamenti climatici, vita di comunità e sviluppo sociale, vita di comunità in contesti alpini, problematiche di natura ambientale legate ai nuovi climi oltre che di tematiche sindacali, cronache di territorio, sport minori e outdoor.

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